Rosa Gilbert Contropiano 27 novembre 2019
Sono abbastanza stupita di vedere che il panico sull’antisemitismo nel Labour Party del Regno Unito si sia diffuso anche in Italia, in un modo forse più distorto e complicato anche grazie alla narrativa parziale e anche per le discussioni nate con le vicende su Liliana Segre, Chef Rubio, Meloni, il sindaco di Predappio ecc.
Provengo da una famiglia ebrea che come tante famiglie di immigranti ha quasi perso la fede dopo la Shoah – mia nonna è stata una profuga dall’Austria e la maggior parte dei suoi familiari sono finiti nei campi di concentramento. Mio nonno è nato in Inghilterra da genitori profughi per antisemitismo dell’Europa orientale e lui ha combattuto con l’esercito britannico qui in Italia durante la guerra antifascista. Come tanti dei miei parenti sono iscritta al Labour Party e vorremmo con forza un governo Corbyn per il Regno Unito.
Ho letto l’articolo su Repubblica di Gad Lerner e anche quello sul Venerdí di Repubblica scritto dal corrispondente britannico, Antonello Guerrera, con rabbia e sgomento, dopo 4 anni ormai di attacchi contro il capo del partito più antirazzista mai visto nella mia vita.
Ricordo che il governo di Blair ha costruito prigioni per richiedenti asilo, che sono stati imprigionati a lungo fino al rimpatrio forzato o che dir si voglia a una deportazione, senza che questi abbiano commesso alcun reato (un governo di Corbyn chiuderebbe queste “prigioni”).
Ad ogni modo la parte più insidiosa dell’articolo di Lerner è quest’idea che la sinistra veda gli ebrei come un “elite” economica. Mi dispiace per lui perché questo è uno spettro assolutamente inventato – ogni volta che il Labour parla dei ricchi, dei banchieri, o del sistema “truccato” un commentatore della destra accusa il partito di antisemitismo, un accusa che è essa stessa antisemitica.
L’idea che lo slogan del Labour “per i molti, non per i pochi” possa essere interpretata contro gli ebrei (“the few”/”the Jew”) è proprio antisemitica perché è un pregiudizio.
Mio nonno é morto prima della pensione dopo una vita di lavoro in fabbrica, inalando fumi tossici. Trovo questa strumentalizzazione ripugnante. E’ vero che le dinamiche di classe sono cambiate tanto negli ultimi 40 anni, ma il discorso sugli ebrei come un elite finanziaria (già propaganda nazista) è un archetipo vecchio che esiste nella società, ma non c’entra nulla con la narrazione del partito riguardo i ricchi e i poveri.
I sondaggi dimostrano che è minore l’antisemitismo nel Labour Party rispetto agli altri. Dunque ci dobbiamo chiedere se sia utile parlare di antisemitismo come un problema del Labour/la sinistra o un problema della societá, ricordando che gli iscritti di un partito – e parlo del partito con più iscritti nell’Europa occidentale – rappresenta una parte della società.
Sarebbe più utile porsi il problema sulla società e non limitato solo ad un partito, perché dunque distrazione? E’ chiaro che sia giusto avere una disciplina forte e un’educazione politica per espellere dal partito gli antisemiti ma, senza avere una programma antirazzista da applicare ogni giorno nella societá, è evidente che il problema non è risolto.
Infatti Lerner tocca proprio questo argomento, parla dei “clandestini” per dire che i migranti di oggi sono come gli ebrei di ieri. Per esempio, qual é il partito britannico che ha fatto una campagna con una scritta su un furgone che riportava “vai a casa” nei quartieri a più alta concentrazione di migranti?
Quale partito ha deportato cittadini britannici di origini carabiche nei paesi che non conoscono (il cosidetto Windrush Scandal)?
La risposta è che sono stati i Tories, cioè il partito conservatore.
Invece, quale capo di partito é andato a incontrare i migranti a Calais, abbracciarli, e ha sempre preso parte nelle campagne in favore dei migranti e dei profughi? Solo uno, Jeremy Corbyn.
Lerner cita poi il Jewish Chronicle, un settimanale ebreo che è una delle fonti di accusa principale contro il Labour. Una volta questo giornale mi chiese di scrivere un articolo sulle vicende di mia nonna che fu costretta – per salvarsi la vita – a falsificare i suoi documenti per scappare dai nazisti ed entrare cosi nel Regno Unito. Ebbene il mio articolo verteva sui migranti fermi a Calais (2016), facendo appunto un parallelo storico con la biografia di mia nonna, cercando di far comprendere alcune similitudini in un momento storico in cui la stampa e i media della destra attaccavano continuamente queste persone accusandole di essere “clandestine”, “bugiarde” e fuori legge.
L’articolo dopo esser stato ufficialmente commissionato non vide la luce sul Jewish Chronicle probabilmente perché ho sottolineato (argomentando ampiamente) come Corbyn al tempo fosse l’unico politico che trattava e tratta i migranti come esseri umani.
Per quelli che non lo conoscono, il Jewish Chronicle si può affermare che si posiziona politicamente più che altro a destra. L’editore Stephen Pollard è un giornalista che lavorava per tabloid come il The Daily Express, simile al giornale Libero qui in Italia, forse anche peggio – spesso su questo genere di stampa vengono scritti articoli isterici proprio contro i migranti.
Per esser più chiari, nel 2006 Stephen Pollard ha scritto che esiste una battaglia per “conservare la civilizzazione occidentale” e che “la sinistra, in ogni forma riconoscibile, è il nemico”.
Quando Lerner spiega come il Jewish Chronicle interpreta – a suo modo di vedere – la posizione di Labour contro i ricchi come “antisemitismo”, avrebbe potuto citare direttamente Pollard quando ha condiviso un video di Corbyn per i 10 anni dalla crisi finanziaria, dove attaccava i banchieri che hanno contribuito alla crisi, come l’attuale ministro dell’economia Sajid Javid, ex Goldman Sachs. Invece si insinua che Corbyn, il loro nemico, si riferisca ai pochi come ad ipotetici banchieri ebrei e quindi di conseguenza accusandolo di antisemitismo.
Pollard è ben conosciuto per i suoi attacchi agli ebrei socialisti e alla sinistra in generale. Nel 2011 il Jewish Chronicle ha pubblicato un articolo su un attivista ebreo che su Twitter aveva dato consigli legali per tutelarsi ed evitare l’arresto della polizia durante manifestazioni dove potevano succedere episodi violenti.
Ebbene in questo articolo furono inclusi dettagli personali su di lui e i suoi genitori, entrambi attivisti socialisti ebrei. Dopo la pubblicazione, la famiglia ha ricevuto minacce di ogni genere dalla destra estrema, così gravi che hanno dovuto mettere in sicurezza la loro casa ed avere massima attenzione, soprattutto quando su un forum neo-nazista su web è stato fatto circolare il loro indirizzo.
Lo stesso Pollard ha rifiutato di rimuovere l’articolo, anche se questo ha messo a rischio una famiglia ebrea minacciato dai nazisti. Ed ora, candidamente, parla di Corbyn come una minaccia per gli ebrei?!
Non solo, la fonte preferita da Gad Lerner, il Jewish Chronicle, ha in precedenza attaccato la sinistra, incluso il capo del Labour prima di Corbyn, Ed Miliband, un ebreo burlato dalla stampa di destra per non essere in grado di mangiare un panino con la pancetta, e per avere un padre che era un profugo ebreo accusato di odiare la Gran Bretagna, in un articolo reazionario difeso dai giornalisti del Jewish Chronicle.
Il Jewish Chronicle e Pollard hanno attaccato Miliband per aver preso una posizione troppo radicale sul Medio Oriente cioè, criticare le azioni di Israele durante l’”Operation Protective Edge” e riconoscere lo stato di Palestina.
Più di recente, un altro giornalista del Jewish Chronicle, Lee Harpin, ha risposto al famoso poeta ebreo socialista Michael Rosen, che difende il partito e Corbyn dalle accuse come quella di essere un “cheerleader per George Soros”.
Per il Jewish Chronicle, gli ebrei socialisti sono i bersagli preferiti.
Ma veniamo ai fatti interni al partito. Probabilmente lo scandalo più grande di antisemitismo del Labour era sull’uso da parte del IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance) della definizione di antisemitismo per i processi disciplinari del partito.
Il comitato nazionale del partito ha deciso di cambiare non la definizione, ma gli esempi, includendo le “illustrazioni”, in parte ci sono problemi segnalati anche da uno dei autori della definizione originale – perchè 6 su 11 di questi esempi si riferiscono ad Israele, incluso uno molto controverso che afferma che sarebbe antisemita definire Israele come “un’entità razzista”.
Uno dei rappresentanti del comitato, anche lui ebreo, ha descritto il codice istituto dal Labour come un “gold standard” – ma non sembrava essere abbastanza, ed è cominciata nell’estate del 2018 una campagna della stampa – di destra e liberale – che accusava il partito di essere antisemita per non interpretare alla lettera il codice comportamentale di IHRA.
I lettori e le lettrici più interessate possono leggere qui un articolo su questo clamore, e c’è anche un nuovo libro su questa “crisi” che spiega il ruolo della stampa sul sensazionalismo dato alla vicenda.
Anche in Italia dove il discorso sull’antisemitismo è diventato sensazionalista; ritroviamo un dipinto parziale della scena inglese e questo è pericoloso.
Pare che Lerner voglia fare un paragone fra l’antisemitismo della destra italiana, che è indifferente all’antisemitismo nella societá europea ma sostiene Israele per essere anti-islamica, e quello del Labour che lui crede sia nato da un amicizia fra il movimento operaio e il movimento palestinese, incluso quelli che “mettono in atto pratiche terroristiche”.
Paragonare l’antisemitismo della destra italiana al partito Labour è non solo completamente sbagliato, ma non spiega con i fatti come sia possibile mettere sullo stesso piano le idee della destra italiana con le politiche del Labour Party a maggior ragione quando lo stesso Corbyn è stato grande amico di un sopravvissuto all’Olocausto recentemente scomparso.
Curioso come un altro articolo, quello sul Venerdí scritto da Antonello Guerrera, corrispondente britannico della Repubblica, dipinga Corbyn come un vecchio marxista amico di terroristi islamici, attingendo direttamente – anche qui – da “fonti” false e direttamente dalla stampa tabloid, dove si raffigura Corbyn come una minaccia e al tempo stesso come un incompetente.
Guerrera scrive che il problema dell’antisemitismo nel partito Labour “non è mai stato seriamente affrontato” e questo non corrisponde alla verità. Dopo una campagna di accuse contro Corbyn da prima che fosse il capo del partito, per ogni evento pro-Palestinesi, ogni articolo che ha scritto, ogni tweet o post su social di ogni candidata del partito, il partito ha sempre preso seriamente le posizioni prese ed ha attivato un’indagine generale per verificare le accuse che erano state mosse ed eventualmente punire e censurare qualsiasi caso scoperto come antisemita.
Nel 2016 a questa indagine ha diretto un avvocato con l’aiuto di alcuni accademici, dopo alcuni commenti anti-Israele di due membri del partito in cui si affermava che i sionisti furono sostenuti da Hitler, Ken Livingstone (uno dei due) è stato sospeso ed in seguito ha rassegnato le dimissioni dal partito.
A onor del vero bisogna dire che la stampa – ostile al Labour – si dedica costantemente alla ricerca di affermazioni anche non significative mettendo in luce post su social di membri secondari del partito solo per scatenare un caso e gonfiare ad arte dei fatti che meritano certo attenzione ma vanno contestualizzati e non strumentalizzati.
Non scrivo questo per negare che c’è antisemitismo nel mio partito, perché esistono ovunque, anche sessismo, razzismo, islamofobia e omofobia. Voglio chiarire la situazione circa una campagna brutale, che strumentalizza i fatti, mettendo paura alla comunità ebraica (un giornalista della destra ha detto che Corbyn vuole riaprire Auschwitz), mentre non sono interessati a condurre una vera lotta antirazzista nella società.
E’ una delle campagne di diffamazione più intense mai viste – anche oggi 24-11-19 su un giornale domenicale l’ex capo di MI6 (uno che ha affermato falsamente che c’erano le “armi di distruzione massa” in Iraq) ha detto che Corbyn sarebbe una minaccia alla sicurezza del paese; è per questo che la campagna anti-Corbyn non finirá mai – è una minaccia agli interessi consolidati dell’imperialismo e del capitalismo britannico.