Egitto-Israele: pragmatismo al vertice
ISPI 14/09/2021
Il premier israeliano Naftali Bennett e il presidente egiziano Al Sisi si incontrano a Sharm el Sheikh. Un vertice che riflette il rapido cambiamento nelle prospettive bilaterali e regionali.
Per la prima volta in un decennio, un premier israeliano si reca in Egitto per una visita ufficiale. A interrompere dieci anni di ‘assenza’ è stato il nuovo primo ministro israeliano Naftali Bennett, che ha incontrato il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi a Sharm el-Sheikh, sul Mar Rosso. Sul tavolo, le numerose questioni che agitano il Medio Oriente e che preoccupano il Cairo come Tel Aviv: la stabilità dell’area, la “minaccia” iraniana, il tracollo del Libano e il nodo di Gaza. L’enclave palestinese – isolata da Israele ed Egitto da quasi 15 anni, da quando è governata da Hamas – resta per Israele un problema costante. E che affonda sul nascere ogni speranza di un rilancio del processo di pace con i palestinesi, fermo dal 2014. Ma la spinta per ricucire un filo esile ma inevitabile di rapporti poggia anche sui comuni interessi: dal contenimento del radicalismo ed estremismo islamico, alle rotte del gas e dell’energia. Ieri alle spalle dei due leader svettavano, allineate, le bandiere dei rispettivi paesi. Un passo avanti nel processo di ‘normalizzazione’ in corso da qualche anno tra lo stato ebraico e i paesi della regione. Nelle scorse settimane era stata la volta di altri incontri di livello tra il ministro della Difesa Benny Gantz e il sovrano Abdallah di Giordania e lo stesso Gantz e il premier palestinese Mahmud Abbas. Qualcosa, forse poco, sembra muoversi davvero.
Un decennio di alti e bassi? |
L’ultimo premier israeliano a visitare l’Egitto nel gennaio 2011 era stato Benjamin Netanyahu. All’epoca, ricorda Radio France Internationale (Rfi), “le televisioni egiziane coprirono l’evento con un servizio breve, fatto di immagini quasi subliminali di due uomini tesi”. Pochi giorni dopo, le proteste di piazza avrebbero rovesciato il trentennale regno di Hosni Mubarak, e inaugurato un decennio turbolento, durante il quale i rapporti tra i due paesi hanno visto alti e bassi. In mezzo c’è stata l’ascesa dei Fratelli Musulmani al Cairo, il golpe militare di Al Sisi, l’Intifada del 2015, innumerevoli violazioni di cessate-il-fuoco e ben due guerre contro Gaza, quella del 2014 e quella del maggio scorso. Anche se in definitiva le relazioni degli ultimi anni sono state segnate soprattutto dalla cooperazione in materia di sicurezza, e in particolare dalla lotta ai gruppi terroristici nel Sinai. L’Egitto – primo paese con cui Israele ha stipulato accordi di pace nel 1979 – e Israele hanno collaborato anche nel settore energetico: dal 2020 lo stato ebraico esporta in Egitto il proprio gas. Inoltre, l’Egitto ha svolto un ruolo chiave nel mediare diverse tregue tra Tel Aviv e il movimento islamico di Hamas a Gaza. Qualcosa è cambiato? Se fin qui si sono limitati alla cooperazione su temi di comune interesse, ora la volontà è quella di far fare ai rapporti bilaterali un salto di qualità come dimostrato dalla riapertura del valico di Taba attraverso cui turisti israeliani passano per trascorrere le loro vacanze sul versante egiziano, e l’inaugurazione, da ottobre, di voli diretti Egyptair tra Il Cairo e Tel Aviv. E se la cornice dell’incontro di Sharm el-Sheikh è la stessa di dieci anni fa – da anni gli eventi politici di peso in Egitto si tengono a Sharm anziché al Cairo, per questioni di sicurezza – tutto il resto o quasi sembra cambiato. “Israele si sta aprendo ai paesi della regione”, ha detto Bennett con riferimento agli accordi di Abramo inaugurati durante l’amministrazione Trump. Il fatto che dal 2020 quattro paesi arabi – Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Marocco e Sudan – abbiano normalizzato i legami con lo stato ebraico è stato un punto di svolta. E soprattutto, come osserva il politologo Mostafa Kamel al-Sayed, a differenza dell’era Mubarak, “il regime di Al Sisi è riuscito ad addomesticare l’opposizione” dopo una capillare campagna di repressione: oggi, dopo 19 mesi passati in carcere, lo studente egiziano iscritto all’università di Bologna, Patrick Zaki, è comparso davanti ai giudici di Mansura, cittadina a nord del Cairo. Rischia una condanna a cinque anni per reati minori. Pragmatismo vs Pace? “L’Egitto sostiene tutti gli sforzi volti a raggiungere una pace globale in Medio Oriente, sulla base della soluzione dei due stati e della legittimità internazionale” ha detto il portavoce della presidenza egiziana al termine dell’incontro. Ma nonostante le aspettative, le speranze di una ripresa del processo di pace restano lontane. Poche settimane fa Bennett aveva riaffermato la sua netta opposizione alla creazione di uno stato palestinese e ha detto di non vedere all’orizzonte “alcuna svolta politica” con i palestinesi. Per il premier israeliano, leader del partito della destra ebraica Yamina, se il conflitto non può essere risolto, comunque si può “ridurne la portata dell’attrito”: il suo governo ha già approvato permessi di lavoro per i palestinesi in Israele, autorizzazioni edilizie per i palestinesi in Cisgiordania e permessi di residenza per migliaia di persone. Su questo, i due governi si intendono: il deterioramento della situazione economica a Gaza preoccupa molto l’Egitto, che teme un’esplosione della rabbia palestinese vicino ai suoi confini. Il Cairo ha cercato di realizzare un piano di ricostruzione che ha incontrato molti ostacoli da parte del movimento di Hamas che controlla la Striscia. Il vertice di Sharm emana dunque barlumi di pragmatismo, forse, ma non di pace. E di ‘successi’ personali: per Bennett, che forgia il suo profilo di ‘statista’ e per Al sisi, che vede l’incontro come un modo per ritornare a svolgere il ruolo di mediatore e accreditarsi con Washington. “L’Egitto vede le relazioni con Israele e gli sforzi per ricostruire Gaza come un percorso verso la Casa Bianca”, osserva un funzionario israeliano ad Haaretz, aggiungendo che il Cairo “ne ha bisogno” per deviare la pressione internazionale sui suoi diritti umani. |
IL COMMENTO di Ugo Tramballi, Senior Advisor ISPI |
“Che questo fosse il primo incontro dopo dieci anni, non deve ingannare: fra Egitto e Israele i legami sono stretti. Almeno sul piano strategico, meno su quello economico; almeno fra le leadership dei due paesi: l’ultimo incontro fra Bibi Netanyahu e Hosni Mubarak, nel 2011, provocò grandi proteste fra un’opinione pubblica che non ha mai apprezzato la pace con Israele. Ma i contatti fra i governi sono sempre stati intensi, soprattutto riguardo al contenimento della striscia di Gaza. L’ombra di un disimpegno dal Medio Oriente dell’amministrazione Biden è forse una ragione dell’incontro di lunedì: più per l’Egitto che per Israele. Nessun presidente americano si disimpegnerà mai dallo stato ebraico. La brutalità del regime di al-Sisi, tollerata da Donald Trump, è invece insopportabile per Biden. Una conferma delle intese strategiche con Israele non può che far piacere agli Usa”. |