Con il ritorno di Netanyahu Israele precipita verso l’anarchia
di David Grossman
“È in gioco il nostro futuro e quello dei nostri figli, la possibilità di diventare un Paese egualitario. Ma lui potrebbe averci portati a un punto di non ritorno”
Tutto quello che è successo in Israele dopo le elezioni all’apparenza rientra nel quadro della legalità e della democrazia. Ma sotto l’apparenza – com’è successo più di una volta nella storia – sono stati gettati i semi del caos, del vuoto e del disordine all’interno delle istituzioni più cruciali di Israele.
Non parlo soltanto della promulgazione di nuove leggi, per quanto estreme e scandalose, ma di un cambiamento più profondo e fatale, un cambiamento della nostra identità, della natura dello Stato. E non è un cambiamento di cui si sia discusso in campagna elettorale; non è per decidere di questo che gli israeliani si sono recati alle urne.
Durante le trattative per formare il nuovo governo, continuava a girarmi in testa un versetto del libro di Isaia: «Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro». In sottofondo, come una tortura cinese, sento costantemente Moshe Gafni che proclama: «Metà della popolazione studierà la Torah e metà servirà nell’esercito». E ogni volta il mio cervello brucia, questa volta, in parte, per ragioni del tutto personali.
Le trattative, che ricordavano molto da vicino un assalto alla diligenza, guizzavano di fronte ai nostri occhi in rapidi fotogrammi, sprazzi di una logica aliena e provocatoria: «La clausola di annullamento», «la legge di discriminazione», «Smotrich avrà l’ultima parola sulle costruzioni in Cisgiordania», «Ben-Gvir potrà costituire una milizia privata in Cisgiordania», «il criminale recidivo Dery potrà…». In un battito di ciglia, con frenesia crescente, con la destrezza di mano del truffatore che fa il gioco delle tre carte per strada.
Sappiamo che in questo esatto momento qualcuno ci sta raggirando, che qualcuno si sta mettendo in tasca non solo i nostri soldi, ma anche il nostro futuro e quello dei nostri figli, l’esistenza che volevamo creare qui, uno Stato dove, nonostante tutti i suoi limiti e i suoi punti ciechi, la possibilità di diventare un Paese civile ed egualitario, un Paese con la forza per assorbire contraddizioni e divergenze, un Paese che un giorno potrà riuscire a liberarsi della maledetta occupazione, ogni tanto trapela. Un Paese che possa essere ebraico e credente e laico, una potenza tecnologicamente avanzata e tradizionale e democratica, e anche una casa accogliente per le sue minoranze. Uno Stato israeliano dove la molteplicità di dialetti sociali e umani non crei necessariamente paure, minacce reciproche e razzismo, ma conduca al contrario a una fertilizzazione reciproca e a una fioritura.
Ora, dopo che la polvere si è posata, dopo che le dimensioni della catastrofe sono diventate evidenti, Benjamin Netanyahu può anche raccontarsi che seminando il caos ha raggiunto i suoi obiettivi – distruggere il sistema legale, la polizia, l’istruzione e tutto ciò che odori anche vagamente di «sinistra» – e che quindi ora potrà riportare indietro le lancette, cancellare o almeno attenuare la folle e disonesta visione del mondo che lui stesso ha creato e tornare a guidarci in modo appropriato, legale, razionale. Tornare a essere un adulto responsabile in un Paese ben governato.
Ma potrebbe scoprire che dal punto in cui ci ha portati non esiste possibilità di ritorno. Sarà impossibile eliminare o anche semplicemente addomesticare il caos che ha creato. I suoi anni di caos hanno già inciso qualcosa di tangibile e spaventoso nella realtà, nell’anima delle persone che li hanno vissuti. Sono qui. Il caos è qui, con tutta la sua forza di risucchio. Gli odi interni sono qui. Il disprezzo reciproco è qui, così come la violenza crudele nelle nostre strade, sulle nostre autostrade, nelle nostre scuole e nei nostri ospedali. Anche coloro che chiamano bene il male e male il bene sono già qui. Pure l’occupazione, con ogni evidenza, non finirà in un futuro prossimo; è già più forte di tutte le forze oggi attive nell’arena politica. Quello che è cominciato ed è stato affinato con grande efficacia laggiù ora si sta infiltrando quaggiù. Le fauci spalancate dell’anarchia mostrano le zanne alla più fragile democrazia del Medio Oriente.
David Grossman