Piero Cividalli, ultimo eroe della brigata ebraica: “La nostra è stata una lotta per la libertà”
16 Aprile 2019 di ZITA DAZZI
Ebreo italiano sfollato a Haifa dopo le leggi razziali, ha 93 anni: il suo discorso in consiglio comunale a Milano
“Sono
preoccupato per la dimenticanza del passato e di quel che ha portato il
fascismo. Gli italiani non conoscono abbastanza la storia. Io ho visto l’Italia
distrutta e ho capito i motivi della rovina. La gente non sapeva dove portavano
certe idee. Mussolini all’inizio ha gettato la polvere negli occhi a tutti.
Andrebbe insegnato di più nelle scuole a che cosa ha causato quell’ideologia.
Ho paura perché molti non lo sanno”. Parla seduto su una panchina in
piazza San Fedele, Piero Cividalli, classe 1926, ebreo italiano sfollato ad Haifa
dopo le leggi razziali, ultimo combattente della Brigata ebraica, costituita il
20 settembre 1944, dopo una lunga trattativa fra le autorità ebraiche in
Palestina ed il governo britannico, mandata in Italia nel ’45 a combattere i
nazisti in fuga, al fianco degli alleati e dei partigiani.
L’hanno
invitato a parlare in Consiglio comunale, alla vigilia dell’anniversario della
Liberazione. E lui, con tutta la fatica dei suoi fieri 93 anni, arriva da Tel
Aviv accompagnato dal suo assistente, Stefano Scaletta e da Davide Romano,
della Comunità ebraica. Quando entra, l’aula intera scatta in piedi. Il sindaco
Giuseppe Sala lo abbraccia commosso. E coglie l’occasione per attaccare i
gruppi filopalestinesi che ogni anno, durante il corteo del 25 Aprile fischiano
lo spezzone degli ebrei che sfilano con i fazzoletti della Brigata e con le
bandiere israeliane: “Penso che quei 4 gatti, che hanno l’abitudine di
fischiare lo fanno senza conoscere a fondo questa profonda pagina di libertà.
L’azione
della Brigata Ebraica fu pienamente parte della Resistenza italiana, con i suoi
5 mila soldati ed ha inciso sulla lotta al fascismo e nella storia della nostra
città”. L’anziano Cividalli, nato da famiglia benestante fiorentina,
legatissima ai fratelli Rosselli, dopo il loro assassinio, a 13 anni dovette
scappare in Palestina. “Ma di fronte ai racconti degli orrori che
avvenivano in Europa e nell’ansia per quel che accadeva ai nostri cari, non
potevo restare indifferente. Quindi a 18 anni decisi di arruolarmi per liberare
l’Italia dal giogo nazisfascista”, ha raccontato lui in aula. “Per
farlo ho dovuto giurare fedeltà al re di Inghilterra, cosa che personalmente
non era una mia necessità. Ma la spinta a combattere tutti quegli orrori mi ha
fatto sorgere un desiderio non di vendetta, ma di giustizia”.
L’anziano
combattente – che nella sua vita ha partecipato a tre guerre – oggi si dice
“pessimista, preoccupato per il presente, per il risorgere del
nazionalismo: il mondo purtroppo non è molto cambiato, anche se ai miei tempi
c’è stata una vittoria sulle forze del male, che si erano intromesse negli
animi di tante persone, oggi ci so o brutti segnali. Siamo tutti cittadini del
mondo dovremmo darci la mano gli uni con gli altri, invece di fare la guerra.
Ma oggi ci siamo persi. Anche la gioventù di oggi non la capisco. Tutti con
occhi bassi sul cellulare, invece che avere speranza di cambiare il mondo. Ai
miei tempi c’era più musica nell’anima degli uomini”. Mentre parla col
cuore in mano, l’aula di Palazzo Marino si ferma. “Sbarcato a Taranto, ho
visto con i mie occhi come il fascismo aveva ridotto il Paese nella miseria più
totale, non solo materialmente ma anche moralmente. C’era povertà, alla
miseria, una rovina totale”, racconta per concludere con un appello agli
“italiani perché conoscano la loro storia e sappiano dove li ha portati il
fascismo”. Il sindaco gli stringe le mani: “Le vicende storiche si
possono subire oppure si possono vivere da protagonisti. Lei ha scelto la
seconda strada, in ogni momento della sua vita. Ed è in questo profondamente
milanese”. Applaudono tutti e il presidente del Consiglio comunale,
Lamberto Bertolè sottolinea quello che insegnano le parole Cividallii: “La
Resistenza è stata un’esperienza collettiva straordinaria, ma nasceva anche da
scelte coraggiose e di responsabilità di singole persone”.