Storia senza perdono
Di Walter Barberis
Dieci anni dopo l’uscita del libro “ Dopo l’ultimo testimone” di David Bidussa, lo storico (non ebreo) Walter Barberis torna sul tema della memoria e testimonianza della Shoah con il libro “ Storia senza perdono” presentato questa sera al Memoriale della Shoah. Proprio David Bidussa ha introdotto la presentazione mettendo in guardia da una certa tendenza di alcuni storici di diventare dei “narratori” che raccontano gli eventi senza una vera analisi che dimostri con prove documentate e che cerchi di spiegare le ragioni. La Shoah è stata raccontata quasi esclusivamente dalle vittime e dai sopravvissuti, con casi di falsi testimoni. Rare le memorie dei testimoni “dall’altra parte”, quelli che hanno partecipato e contribuito, i carnefici.
Il rischio è che la testimonianza diventi una lezione retorica, che racconta cosa è successo, che colpisce emotivamente, ma che non aiuta a capire come e perché è successo. La Storia deve essere uno strumento di civiltà per spiegare e far comprendere che nella società i fattori contaminanti sono ancora attivi.
Così viene presentato il libro nella quarta di copertina:
La Shoah, lo sterminio degli ebrei d’Europa da parte del nazismo, è una vicenda la cui efferatezza non ha precedenti. Ma per rendere conto di questa tragedia, quanto è importante il ruolo dei testimoni e quanto quello della storiografia? È il tema di questo intenso libro di Walter Barberis. Esso inizia con una frase di Primo Levi: «La memoria è uno strumento meraviglioso, ma fallace», che subito individua l’universo concettuale del libro. Di fronte alla scomparsa, giorno dopo giorno, dei testimoni oculari, di fronte al pericolo di una caduta nell’oblio, si rende necessario un nuovo vaglio delle testimonianze acquisite e dei loro limiti. Ma soprattutto, un ricorso deciso alla storia, disciplina chiave per la trasmissione del sapere e per una solida comprensione di ciò che è stato. Il testo rende conto dei diversi aspetti della ricezione della Shoah, da un iniziale disinteresse e incredulità nei confronti dei sopravvissuti, a una successiva “ipertrofia” della memoria – l’«era del testimone» – fino a non isolati e clamorosi casi di impostura.