Antisemitismo, quel pregiudizio firmato Corbyn
Gad Lerner – Repubblica 20 Novembre 2019
La vicenda inglese pone una questione spinosa anche alla sinistra: è mai possibile che per sintonizzarsi con il sentimento di esclusione delle classi subalterne, sia inevitabile introiettare anche il pregiudizio antisemita e antisionista?
Mentre la destra italiana, dopo il caso Segre, rifiuta categoricamente di ammettere la presenza nelle sue file di posizioni antisemite – e a riprova esibisce il suo sostegno incondizionato al governo d’Israele, ammirato baluardo occidentale contro la “minaccia islamica” – il Regno Unito sembra vivere una situazione rovesciata: è il partito laburista di Corbyn a subire, non senza buone ragioni, l’infamante accusa di antisemitismo.
Come vedremo, l’apparenza inganna. Le argomentazioni della rinascente ostilità antiebraica mantengono significativi tratti comuni, di per sé non etichettabili come di destra o di sinistra, e proprio per questo sono ancor più insidiose. Semmai va rilevato che, a differenza della destra italiana, il Labour rifugge un atteggiamento di mero negazionismo: “Prendiamo molto seriamente le accuse di antisemitismo, siamo impegnati a sradicarlo nel partito e nella società”, ha dichiarato il portavoce di Corbyn replicando alla lettera pubblicata sul Guardian da John le Carré e altri intellettuali che definiscono il Labour invotabile alle elezioni del prossimo 12 dicembre dagli ebrei, angosciati dalla “prospettiva di un primo ministro associato con l’antisemitismo”.
Dopo l’istituzione di una Commissione d’indagine all’interno del partito, ancora di recente due candidati sono stati esclusi dalle liste laburiste. Kate Ramsden, ad esempio, che aveva dichiarato: “Israele mi ricorda il caso di quei bambini vittime di abusi che divenuti adulti si mettono a replicarli”. L’adesione alla causa nazionale palestinese e la simpatia manifestata ai movimenti arabi di matrice islamica, anche quando essi mettono in atto pratiche terroristiche, contraddistinguono effettivamente la componente della sinistra inglese a cui lo stesso Corbyn da sempre è legato. Questa è l’unica vera differenza rispetto alle posizioni della destra che, nel mentre le addita, occulta i veleni di cui è intrisa la sua propaganda. Fino a sostenere che oggi l’unico vero antisemitismo pericoloso sarebbe l’antisionismo fomentato dagli integralisti islamici che vogliono distruggere Israele e per estensione colpiscono gli ebrei anche in Europa.
Purtroppo c’è dell’altro in sottofondo, nel Regno Unito così come in Italia e negli altri Paesi del vecchio continente: la riproposizione dello stereotipo dell’ebreo come appartenente alla superclasse cosmopolita detentrice del potere finanziario che si arricchisce depredando i ceti popolari. Una favola che accompagna la storia del capitalismo e che fa presa tra gli sprovveduti, fin da quando, invano, prima August Bebel e poi Lenin definirono l’antisemitismo come “il socialismo degli imbecilli”. E che ha ripreso vigore negli ultimi decenni di retrocessione dei redditi e delle tutele del lavoro dipendente. L’Europa ha cancellato, tramite lo sterminio di milioni di persone, la presenza secolare del suo proletariato ebraico. E ora vede la residua, esigua, superstite presenza di ebrei sovrarappresentata nelle cosiddette élite, cioè nelle professioni liberali, nell’industria culturale e nella finanza.
The Jewish Chronicle, il più antico settimanale ebraico in lingua inglese, ha storpiato lo slogan laburista For the many, not for the few (Per i molti, non per i pochi) in For the many, not for the jews (per i molti, non per gli ebrei). In quella assonanza tra few e jews, cioè fra “pochi” ed “ebrei”, è racchiuso il messaggio subliminale che va per la maggiore: chi sta con il popolo, ma anche chi si professa anticapitalista, non può che vedere l’ebreo come appartenente alla classe predatrice. È un argomento che serpeggia tra una parte dei militanti del Labour, infastiditi dalle accuse di antisemitismo: “Ma cosa avete da lamentarvi, proprio voi, non siete vittime, siete ricchi”.
Tale insidiosa argomentazione dovrebbe suonare familiare a noi italiani. Anche se proviene dalla sponda opposta. Avete presente? L’usuraio Soros e i De Benedetti che finanziano e propagano il “verbo immigrazionista” al solo scopo di lucrare sul “genocidio del popolo italiano”. E poi i comunisti col Rolex che lanciano falsi allarmi sul ritorno del fascismo, accomodati nelle lussuose dimore di Capalbio dove non ospiterebbero mai i profughi di cui si riempiono la bocca. Non occorre ricordare a chi appartiene questo vocabolario.
Si badi bene. Anche il fastidio suscitato dalla nomina a senatrice a vita di Liliana Segre trae alimento dal modo in cui l’ex deportata ebrea ha scelto di interpretare la sua funzione. Invece di limitarsi a testimoniare le sofferenze patite settantacinque anni fa – per le quali a parole tutti esprimono rispetto – Liliana Segre si è permessa di trarne insegnamenti per il presente: “Anch’io sono stata clandestina, so cosa vuol dire”. “Anch’io fui respinta a una frontiera, altrimenti non sarei stata deportata con mio padre”. “Mi hanno insegnato che chi salva una vita salva il mondo intero, non certo che soccorrere dei naufraghi sia reato”. Così l’ebrea torna fastidiosa, ingombrante, faziosa. Cosa vuole ancora, col lauto stipendio che incassa a spese nostre? È desolante leggere con quale compiacimento i giornali della destra sostengono che le ingiurie minacciose contro Liliana Segre fossero solo una montatura. E che, anzi, gli “ebrei perbene” condividono la loro tesi secondo cui l’unico pericolo verrebbe dagli islamici.
La destra italiana, per quanto filoisraeliana si autoproclami, abbina gli eterni cliché sui perfidi dominatori del pianeta all’indulgenza con cui minimizza le colpe del fascismo e ne ospita i nostalgici nei suoi ranghi. Ma la vicenda inglese pone una questione spinosa anche alla sinistra: è mai possibile che per tornare a sintonizzarsi con il sentimento di esclusione e con le rivendicazioni anticapitaliste delle classi subalterne, come ha cercato di fare Corbyn, sia inevitabile introiettare anche il pregiudizio antisemita e antisionista?
Gad Lerner